1. IL DIBATTITO SULL'ISTRUZIONE POPOLARE
Per disporre
di una visione ad ampio raggio del dibattito circa i metodi e le finalità
dell’educazione è necessario considerare il nuovo modo di concepire l’uomo e la
sua educabilità. Le ricadute si manifestarono non solo a livello
politico-sociale ma pure pedagogico- culturale, segnando anche in questo campo
una decisa rottura con la tradizione religioso-caritativa dei secoli
precedenti.
Se
l’Illuminismo ebbe certamente un ruolo di primo piano nel promuovere la
diffusione dell’istruzione popolare le posizioni dei singoli pensatori su
opportunità e sul sulle finalità di fare a accedere i ceti popolari alle
istruzioni furono piuttosto ambigue e talora incoerenti.
E nota,
infatti, la fiducia degli illuministi del nella regione, considerata come lo
strumento cognitivo per eccellenza, in grado non solo di guidare l’uomo nella
scoperta della realtà, ma anche di scegliere coscientemente ciò che buono e
conveniente. Per questo, l’intelletto andava esercitato, allenato alla
criticità, in modo che l’individuo potesse partecipare attivamente all'opinione
pubblica, unico antidoto al potere assolutistico. Nella società dell’epoca,
tuttavia, rimaneva vivo il pregiudizio, condiviso da alcuni philosophes, che
l’istruzione alimentasse anche nei ceti più umili velleità di ascesa sociale,
con il conseguente abbandono di quelle professioni manuali che sostenevano
l’economia dell’antico regime. Per questo motivo il potere politico era
invitato a procedere con cautela nella diffusione dell’istruzione popolare, per
evitare traumatiche rotture degli assetti sociali.
Denis
Diderot si sosteneva che “un contadino che sa leggere scrivere può essere
oppresso più difficilmente di un altro” e per questo invitava i legislatori a
“fare in modo che la professione sia abbastanza tranquilla e stimata da non
essere abbandonata”. Simile era stato, in precedenza, il giudizio di Charles de
Montesquieu che attribuiva all'autorità morale delle leggi e dei governi il
compito di sovrintendere all'istruzione del popolo, chiama dato che l’unica
forma di controllo e di limitazione nei confronti del potere era proprio un
popolo istruito e informato.
L’istruzione
popolare era considerata un valore da economisti quali Robert Turgot e Adam
Smith che ritenevano la diffusione dell'istruzione elementare una valida
garanzia per l’ordine sociale e soprattutto un un efficace mezzo per accrescere
la qualità e la quantità della produzione nazionale.
2. L'EDUCAZIONE COME DIRITTO
Gaetano
Filangieri era un intellettuale che spese buona parte della sua breve esistenza
nella redazione di un’opera che influenzò profondamente la cultura e la
politica non solo europee, ma anche dei neonati Stati Uniti: la scienza della
legislazione. Chiudi primi quattro volumi della scienza della legislazione
usciranno tra il 1780 e il 1783, mentre il quinto rimase incompiuto, a causa
della morte dell’autore. Filangieri dedicò un intero volume, il quarto, alle
leggi che riguardano l’educazione, i costumi e l’istruzione pubblica.
Per cogliere
il senso del progetto Filangieriano bisogna tenere conto del fatto che egli considerava
l’istruzione soprattutto come una questione politica ed etica e perciò riteneva
la conoscenza della pedagogia uno strumento indispensabile per contribuire alla
“felicità” dell’individuo e della collettività.
L’educazione
pubblica, rivolta a tutti i giovani tra i cinque e i 18 anni, avrebbe fornito
loro sia la cultura di base sia la conoscenza di una professione manuale per i
ceti meno abbienti e l’avviamento a un mestiere intellettuale, che i ragazzi
più ricchi avrebbero potuto completare a accedendo all'università; la grande
novità del piano di Filangieri consisteva nel fatto che questa prima forma di
istruzione, che durava complessivamente 13 anni, era obbligatoria per tutti,
con la sola differenza che nel caso delle classi più povere era totalmente a
carico dello Stato e avveniva in scuole diurne, mentre quella dei ceti più
ricchi, a pagamento, prevedeva la permanenza all'interno di collegi.
Una volta
adempiuto l’obbligo scolastico, Filangieri pensava che la formazione del
cittadino dovesse proseguire per mezzo dell’educazione dei costumi, in quanto
egli era convinto che soltanto una trasformazione complessiva della moralità
pubblica avrebbe promosso la nascita e lo sviluppo di una nuova idea di
cittadinanza.
L’obiettivo
era portare tutti alla conoscenza del funzionamento dello Stato e installare
nell'opinione pubblica l’amore per la patria e il desiderio di lavorare per il
bene e la gloria della nazione.
La terza
forma di educazione era l’istruzione pubblica e comprendeva anche le accademie
la stampa e le belle arti. Essa era volta sia favorire la ricerca e le
innovazioni in tutti i campi della scienza sia a diffonderne i risultati
nell'intera collettività, rendendoli così davvero utili.
3. IMMANUEL KANT
Immanuel
Kant e venne fortemente influenzato dalle convinzioni religiose della famiglia,
in particolare della madre, seguace del movimento pietista. Studio
nell'università della sua città natale, facendo per qualche tempo il percettore
prima di diventare professore universitario. Tra il 1781 e il 1790 pubblicò le
sue opere più note: critica della ragion pura, critica della ragion pratica e
critica del giudizio.
Le teorie
educative di Kant poggiano sul suo complesso impianto filosofico delineato in
maniera approfondita nelle tre critiche.
Nelle sue
opere il fisso filosofo aveva sottolineato il valore dell’attività conoscitiva
dell’individuo. Egli affermava, infatti, che il mondo non è una realtà
preordinata che si impone al nostro intelletto, ma è ordinato dall'attività di
originaria del soggetto, ovvero dal suo pensiero. Tale convenzione portato a
canta a collocare nell'esperienza l’origine dell’attività cognitiva, aderendo,
seppure indirettamente, alle conclusioni del sensismo.
L’obiettivo
dell’educazione, secondo il filosofo tedesco, è l’acquisizione della capacità
da parte della ragione di fare da guida al comportamento, traendo da essa e la
legge e la forma da cui dipende il valore morale di ogni atto,
indipendentemente dalle circostanze in cui viene compiuto.Tutto deve concorrere
alla realizzazione della cultura dell’animo, che coincide con la componente
fisica e fisiologica delle facoltà intellettuali e spirituali. In seguito si
passa all'educazione delle facoltà cognitive propriamente dette, che Kant
distingue va in inferiori (sensi, immaginazione e memoria) e superiori
(intelletto, ragione e giudizio). Successivamente Kant distingue la cultura
generale in fisica (che a che fare con l’attività intellettuale e determina lo
sviluppo dell’intelletto per mezzo della riflessione, della ricerca della
verità e dell’insegnamento) e morale (relativa alla sfera etico-morale proprio
propriamente detta). A proposito dell’insegnamento egli sottolineava il valore
dell’attività conoscitiva diretta da parte del soggetto, chiamato a divenire
responsabile delle proprie scelte e azioni. Non a caso, infatti, suggeriva agli
insegnamenti di adottare nelle loro lezioni il metodo socratico, basato
sull'interazione continua tra docente e allievo, preferendolo al tradizionale
metodo meccanico-catechetico, basato sulla successione di domande e risposte a
opera del maestro, utile solo ad allenare la memoria e valido esclusivamente
per le materie nozionistiche.
Kant si
concentrò, dunque, in particolare su quella che definì la cultura generale e
morale dell’individuo, ovvero sulla sua formazione morale, intesa come la
capacità del soggetto di scegliere autonomamente tra il bene e il male.