Tutti i popoli possiedono
una conoscenza più o meno ricca e complessa dell’ordine della natura. E tutti
hanno qualche teoria sul suo disordine. Queste teorie spiegazioni, ovviamente
non sono identiche.
Gli antropologi che si
sono dedicati allo studio di questo argomento nei contesti culturali più
diversi definiscono la loro specializzazione con il termine di etnoscienza.
L’etnoscienza è lo studio di come le differenti culture organizzano le proprie
conoscenze del mondo naturale. Tali conoscenze e concezioni non sono casuali e
frammentarie, ma possiedono gradi di sistematicità e di coerenza spesso
notevoli, sebbene differenti e meno ‘esatti’ di quelli elaborati dalla scienza
moderna.
I Waiwai, orticoltori
dell’Amazzonia, considerano il fegato di certi animali un’vegetale, in quanto
la sua forma assomiglia a quella delle foglie di certi alberi. Di conseguenza
essi ritengono che le donne, cui è vietato il consumo di carne procurata
mediante la caccia di animali abbattuti con l’uso delle armi, possano
cibarsene. Il divieto del consumo della carne da parte delle donne e per i
Waiwai un tabù che fa paté di un sistema più ampio di divieti riguardanti l’uso
delle armi e la partecipazione alla caccia alla guerra da parte degli individui
di sesso femminile. Alla fine degli anni
Sessanta, due antropologi americani, Brent Berlin e Paul Kay, confrontarono le
terminologie cromatiche presenti in ventisei lingue diverse. Accertarono così
che il numero dei termini presenti in esse variava da un minimo di due, come in
alcune lingue della Nuova Guinea, a un massimo di undici, come in certe lingue
europee. Questi termini
fondamentali o <<di base>>, come Berlin e Kay li chiamarono sono
quelli che riflettono fenomeni di percezione del colore senza bisogno di
ulteriore specificazione per essere compresi.
a) Tutti gli esseri umani
sono in grado di percepire tutte le gradazioni del colore.
b) La terminologia
cromatica di base si sviluppa secondo una linea precisa. In tutti i sistemi che
per esempio possiedono solo due termini, questi sono sempre
<<chiaro>> e <<scuro>>, in quelli che ne hanno tre,
invece <<bianco>>, <<nero>>, e poi
<<rosso>> ecc.
c) Il numero dei termini
di base impiegati da una lingua per indicare I colori sarebbe in relazione con
la complessità culturale e tecnologica della cultura in questione, per cui più
una cultura è semplice più il suo vocabolario cromatico è povero, mentre
culture particolarmente complesse rivelerebbero l’esistenza di un numero
elevato di termini cromatici di base.
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